Nel 1712, come abbiamo detto, fu ultimato il rustico della chiesa e si continuò a lavorare, soprattutto nell’interno, per l’intonacatura, le rifiniture, la sistemazione degli altari e del coro e la costruzione della sagrestia. Sfogliamo le relazioni delle sante visite pastorali e leggiamo quanto ci dicono a questo proposito.

Nel novembre del 1714 il Vicario diocesano Mons. Nicola Giordano, visitatore, ordinò al sindaco e ai notabili di Casarano che entro il mese di dicembre si esumassero i cadaveri — che erano sepolti sotto il pavimento della vecchia chiesa — e si raccogliessero le ceneri; intanto nella nuova chiesa si facessero, grandi e spaziose, tre sepolture comuni, ossia per tutto il popolo. Lo stesso ordine fu ingiunto alle famiglie proprietarie dei sepolcri gentilizi. Inoltre raccomandò ai deputati alla fabbrica che il più presto possibile si pavimentasse tutta la chiesa e si approntassero il presbiterio e il coro, in maniera che nel primo giorno della quaresima del 1715 si potessero ufficiare i sacri riti e collocare il S.mo Sacramento, lasciando definitivamente, a tutti i costi, la cappella di S. Antonio, la cui angustia era, secondo lui, causa di gravi inconvenienti morali. Ritornato Mons. Giordano nel 1717 trovò che le tombe gentilizie non erano state riordinate, e dichiarò con energia: «fra dieci giorni o le tombe vengono accomodate o saranno eliminate». Neppure il pavimento era stato ultimato e il visitatore insistette che lo fosse entro un mese.
Nel 1719 sono al loro posto cinque altari: l’altare maggiore col S.mo, alla sua destra, quelli di S.Giovanni E. (situato dove oggi c’è la balaustra del Cappellone del S.mo) e del Crocifisso (dove oggi c’è S. Giovanni E.); mentre alla sinistra dell’altare maggiore, i due altari dell’Assunta e delle Anime del Purgatorio. Nel resto della chiesa le pareti sono nude o con qualche quadro appeso. Subito a destra di chi entra dalla porta nord vi era appeso il quadro della discesa dello Spirito Santo, ed il Sanfelice fa sapere all’Ab. D. Fabio de Pandis che se vorrà conservare lo jus e il beneficio, di proprietà della sua famiglia, dovrà costruire l’altare. Poi stabilisce che entro il termine di due giorni le famiglie interessate alla siste­mazione degli altari, dei quali avevano lo jus potronatus nella vecchia chiesa, si decidessero e dichiarassero di impegnarsi. Inoltre il vescovo constata e si compiace che la sagrestia viene su dalle fonda­menta con magnificenza ed esorta caldamente i sovraintendenti alla fabbrica di portarla a termine, il più presto possibile, bella decorosa e comoda.Nel 1720 si ha la prova che l’appello, rivolto dal Sanfelice l’anno prima, era stato accolto con entusiasmo. Infatti, oltre i cinque altari dell’anno precedente, il vescovo visitò quelli dello Spirito Santo, dell’Annunziata, dell’Incoronata e del Rosario. Quest’ultimo era stato eretto là dove oggi c’è la nicchia con la Madonna della medaglia miracolosa; sicché gli altari sono saliti a nove.
Nel 1730 ne sono sorti altri due: l’Immacolata e S. Leonardo. Questo secondo è vicino al fonte battesimale, dove oggi vi è S.Antonio: e gli altari sono undici. Nel 1732 era stato eretto l’altare della Madonna del Carmine, attiguo a quello delle Anime, ma poi nel 1738 avvenne il cambio di posto tra il Rosario e il Carmine, in modo che il Carmine andò sotto l’attuale organo (l’organo fu costruito soltanto nel 1771), il Rosario, dopo le Anime, dove è tuttora.
Anche l’Incoronata, quattro anni più tardi (1742) passò in fondo alla chiesa, cioè subito a destra di chi entra dalla porta grande (31) e all’altare dell’Incoronata (che era a sinistra di chi entra dalla porta sud) subentrò S. Domenico di Soriano. Questo altare, dopo varie vicende, nel 1776 fu finalmente restaurato dai Rev.di D. Giovanni e D. Fedele Tancredi, come ancora adesso si legge in alto al disopra della pala. Ultimata la sagrestia, bisognava corredarla, almeno dell’essenziale, e nel 1751, per voltà espressa di Mons. Francesco Carafa, vescovo di Nardò dal 1736 al 1754, l’amministrazione della cappella è confraternita del Santissimo dovette spendere ducati 14 (circa £ 300.000 di oggi) per una serie di bassi e comodi stipi, sistemati intorno alla sagrestia, necessari per custodire sia la suppellettile comune, sia quella privata e personale di ciascun sacerdote. Quando nel secolo XIX fu abbattuta la chiesetta di S. Antonio da Padova, il grande taumaturgo entrò nella matrice al posto di San Leonardo, cioè a sinistra di chi entra dalla porta grande. Infine, agli inizi di questo secolo, Donna Olimpia Passero, consorte del Barone Don Marcello d’Elia, costruì il cappellone del S.mo, adiacente al coro. Per incorporarlo nella chiesa, fu interamente abbattuto il muro del braccio destro della croce. L’altare di S. Giovanni Elemosiniere, che poggiava su quel muro – come sul muro simmetrico del braccio sinistro della croce poggia l’altare dell’Assunta – passò all’altare attiguo, detto del Crocifisso o della Passione del Signore. Il mistero però della passione chiedendo il suo trono a S.Giovanni E., non scomparve del tutto, ma il gruppo di Gesù in croce con la Madonna e S.Giovanni evangelista fu riprodotto, in dimensioni naturali, in cartapesta, e fu sistemato alla parete di fondo dell’altare marmoreo del SS. Sacramento. Chi dalla chiesa entra nel cappellone legge, sulla sinistra, l’epigrafe:

Culti in SS.mo Eucharistiam addictum
Olimpia Passero
Baronis d’Elia pientissima uxor
Sacellum funditus erexit
Ecclesiaeque Parochiali adstruxit
A.D. MCMX

Se non che, qualche anno fa, il grande altorilievo in cartapesta, raffigurante il Calvario — col Crocifisso, la Madonna e S. Giovanni evangelista — fu distrutto e vi si collocò un artistico Crocifisso ligneo, di altezza naturale, di autore ignoto, dal volto intensamente espressivo, che si trovava nel tempio della Madonna della Campana, non prima però che lo si fosse liberato da un rivestimento in cartapesta (ci si accorse per caso!) che gli era stato sovrapposto nel ‘700, con pessimo gusto, secondo l’andazzo... innovatore del tempo. Il Crocifisso, restituito alla sua seicentesca forma originaria, fu intronizzato nel marzo del 1972.