La parte muraria. Alla fine del secolo si addivenne alla soluzione ottimale: demolire la vecchia chiesa e ricostruirne una completamente nuova. Non ho trovato sinora, nell’archivio della curia vescovile di Nardò né in quello della matrice di Casarano, relazioni e progetti sull’erigenda nuova parrocchia. E’ certo che fu fabbricata dalle fondamenta, a fondamentis excitata si legge qua e là nei documenti manoscritti del tempo.

Nella vista pastorale del 1680, parlando dell’altare del S.mo Crocifisso si dice: questo altare si tollera finchè la chiesa non venga ampliata in forma migliore (hoc altare fuit toleratum donec Ecclesia amplietur et ad meliorem formam restituleratum donec Ecclesia amplietur et ad meliorem formam restituatur). Già nel 1680, vent’anni prima, dopo il rabbuffo dell’anno precedente da parte del presule, si pensava ad una chiesa più grande e più spaziosa. Nella visita del vicario del Sanfelice, Mons. Nicola Giordano, nell’anno 1717, si legge “l’antica chiesa ricostruita dalle fondamenta fu spinta in avanti ect.” (l’ecclesia antiqua affundamentis proiecta fuit et nova altioris ordinis et commoditatis pro populo… ) Proici, come termine tecnico del linguaggio edile, significa, per un corpo di fabbrica sporgersi, avanzare, spingersi innanzi. Quindi la nuova chiesa, rispetto alla precedente non solo era molto più alta, ampia e maestosa, ma anche più lunga, per questo bisognò spostare i cadaveri dal fondo della vecchia chiesa al fondo della nuova, come è detto nella relazione della stessa visita del 1717: “I cadaveri sepolti nell’antica chiesa - e che erano stati in parte esumati – furono sistemati al cimitero della nuova con un solenne rito: cantò la messa di requiem lo stesso Vicario generale ». In quei tempi il cimitero del paese era la chiesa, soprattutto in fondo, presso la porta grande, e fuori di essa .
Il Sanfelice nel pomeriggio inoltrato del 22 gennaio 1711, secondo giorno della prima visita pastorale di Casarano, volle fare un sopralluogo particolareggiato sullo stato dei lavori in corso. « Trovò che erano state innalzate le pareti, sebbene non in tutti punti avessero raggiunto la medesima altezza, però partivano da una superficie perfettamente piana e poggiavano su larghe e solide fondamenta; poi uscì fuori e osservò, compiaciuto, l’ampio ed elegante prospetto, con due colonne e con tre edicole. Il tempio è a crociera e allungato». Inoltre il vescovo si interessò vivamente del proseguimento della costruzione e inviò messi per convocare tutti gli architetti della provincia di Lecce, onde consultarli se convenisse una copertura con travi e a cassettoni ovvero a volta (lamia). Egli personalmente era per questa seconda soluzione, che avrebbe reso il tetto più duraturo e più sicuro dagli incendi. Così fu fatto.
Infine, affinché i lavori progredissero speditamente e non venisse meno il finanziamento, ordinò al Chierico Vito d’Astore e a Nicola d’Elia, entrambi preposti alla direzione dei lavori, e al Chierico Domenico de Paolo, esattore, di presentargli entro tre giorni — per revisione e controllo — i registri dove venivano segnate le ventesime sui vigneti oliveti ed altri prodotti della terra. Questi contributi erano versati dal popolo, dal Comune e dal Clero di Casarano: tutti contribuivano, perché la chiesa si costruiva a beneficio di tutti. Lo stesso Sanfelice poi, durante la visita del 1719, dettò l’iscrizione da scolpire e da collocare, come fu collocata, sul fastigio della facciata

D.O.M.
Concivium Charitas
Tres fructus vigesimans Opus
Tresdecim ah hinc Annis inceptum
perfecit Anno MDCCXII

(La carità dei concittadini, col contributo della vigesima parte su tre prodotti della terra, portò a termine nel 1712 quest’opera, iniziata tredici anni prima).